VISITANDO LA SICILIA

GIBELLINA

Il museo delle Trame Mediterranee Gibellina nuova ed il Cretto di  Burri

Percorrendo la A29 che da Palermo porta a Mazara del Vallo, uscendo a Salemi e proseguendo per Gibellina, nel centro abitato si possono ammirare delle installazioni create da vari artisti con l’intento di dare un impulso al risveglio, in questo caso, culturale ad un sito colpito duramente dagli eventi sismici del 1968.

Ingresso del Museo delle Trame Mediterranee (Fondazione Orestiadi) a Gibellina

In prossimità dell’uscita dell’A29, si incontrano le indicazioni per la Fondazione Orestiadi la cui ubicazione è al Baglio di Stefano.

Sempre nell’ottica di dare impulso culturale a questa terra, opera la Fondazione Orestiadi che organizza e coordina varie attività ed ha sede proprio a Gibellina.

Molto suggestiva la location del Museo delle Trame Mediterranee curato dalla fondazione con delle installazioni artistiche all’aperto, visibili mentre ci si avvicina al baglio.

L’esposizione è articolata con una sezione archeologica che è molto ricca di manufatti datati anche a partire dal VI sec. AC.

Proseguendo lungo il viale dopo questa corte, si possono ammirare varie installazioni contemporanee.

In un’altra sezione ospitata in un altro edificio con ingresso dalla corte alta, sono presenti opere di varia natura, in genere contemporanee, espressioni delle arti fotografiche e pittoriche, sculture e installazioni.

A fianco della corte alta, molto particolare la grande installazione intitolata “La montagna di sale” del 1990 rifatta nel 1995 da Mimmo Paladino che rappresenta una struttura scenica del dramma “La sposa di Messina” di Schiller.

Infine, nel segno della forza delle parole e delle immagini, il progetto “Graphiae” e le “Opere di passaggio”.

Proseguendo verso il sito di Gibellina vecchia ci si imbatte nel “Grande Cretto” del maestro Alberto Burri un’opera che rappresenta una testimonianza duratura di dolore e rinascita. I ventidue blocchi di cemento bianco ricoprono i ruderi di quello che fu il centro storico della vecchia Gibellina. I blocchi sono alti 160 centimetri e gli spazi che separano i blocchi, larghi tra i due ed i tre metri, sono un vero e proprio labirinto che ricalca la struttura delle vie del paesino distrutto, come molti altri, in una notte di gennaio del 1968.

Altro paesaggio inquietante e spettrale è quello della vicina Poggioreale antica detta “città fantasma”, ricostruita come Gibellina dopo il terremoto in un altro sito della valle del Belìce. Il vecchio sito è rimasto fermo al giorno del terremoto, a testimonianza del potere che la natura può esercitare sulle strutture antropiche.

Per visitare quest’ultimo sito, chiuso da cancellate per motivi di sicurezza, occorre contattare il Comune di Poggioreale o l’Associazione Poggioreale Antica.

Fotogallery

 

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