Dopo la minaccia più o meno velata del governo Renzi nel 2015 di ritirare le licenze bancarie alle bcc che non si fossero raggruppate sotto una holding SPA, pur mantenendo lo scopo sociale di mutualità, è arrivata la riforma del Credito Cooperativo prospettato nella legge 49 del 2016.
Questa riforma ha come principali scopi quello di:
- Cercare una migliore patrimonializzazione delle aziende interessate;
- Efficientare la governance;
- Migliorare competitività delle BCC ed aumentare la gestione tecnologica.
L’obbligo di aggregarsi per le Banche di Credito Cooperativo sotto una holding che ha la forma societaria di SpA, si prefigge lo scopo di migliorare la patrimonializzazione del gruppo, ma non si capisce quali investitori potrebbero immettere denaro in una società nel cui statuto vige il principio del voto capitario e l’obbligo di accantonare utili e riserve indivisibili. Questo obbligo dovrebbe risolvere il problema analogo a quello della crisi generata dalla presenza di molti NPL anche se, nella media, le BCC hanno avuto parametri superiori alla media del sistema.
La questione della Governance delle BCC, pone il problema delle managerialità e dei conflitti di interesse da sempre presenti nel sistema. Questi problemi si sono in parte trasferiti alle capogruppo che, da parte loro, dovrebbero provvedere a “salvaguardare” le aziende associate da crisi di qualsiasi natura.
Infine la competitività: vien da sé che, con una holding in grado di patrimonializzare meglio e di perseguire anche scopi di mercato, dovrebbe migliorare. Ed anche il gap tecnologico dovrebbe migliorare usando le economie di scala della nuova organizzazione delle BCC.
Da cenerentole del sistema del credito, come evidenziato da alcuni osservatori, le Banche di Credito Cooperativo si sono trasformate in protagoniste come dimostra la grossa operazione di mercato che coinvolge Cassa Centrale Banca ed un grande Istituto come Carige, con l’approvazione della vigilanza europea.
Ma tutto questo si scontra con le raccomandazioni della vigilanza europea ed italiana, più volte espresse, circa il mantenimento dello scopo mutualistico.
Inoltre, oltre che vien difficile immaginare come si possa coniugare lo scopo mutualistico a quello di mercato, sorgono altre contraddizioni in questa operazione:
Prima fra tutte quella che CCB, seppur SpA ma con scopi mutualistici, si trova ad operare lontana dai territori di propria pertinenza, in Liguria.
Ed ancora, come evidenziato da un direttore di BCC, oltre che a sottolineare quanto già detto sullo scopo mutualistico lasciato nello statuto di una SpA, stride il fatto che, ai tempi dell’accordo tra le BCC e la capogruppo CCB, la stessa non prevedeva di avere sportelli che adesso, invece, avrà.
In tutto questo l’indirizzo politico col Governo Conte bis non è stato ancora definito. Mancano ancora alcuni decreti attuativi fondamentali per la funzionalità della riforma.