Il 13 gennaio è stata approvata all’unanimità al Senato della Repubblica la ratifica della Convenzione OIL n.190 sull’eliminazione della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro. Questo completa l’iter legislativo iniziato con l’approvazione alla Camera dei deputati lo scorso settembre.
L’Italia è tra i primi Paesi al mondo a ratificarla.
L’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha posto difatti l’accento su una questione di fondamentale importanza e cioè il riconoscimento che la violenza e le molestie nel mondo del lavoro possono “costituire una violazione o un abuso dei diritti umani”.
Abbiamo intervistato Bianca Cuciniello Componente Commissione normativa Conferenza Internazionale del lavoro per Cgil Cisl e Uil che ha partecipato in rappresentanza delle organizzazioni sindacali italiane ai lavori di Ginevra “E’ stato un grande onore per me partecipare, in rappresentanza di CGIL CISL e UIL, ai lavori della Commissione OIL per la redazione di uno Strumento normativo per il contrasto della violenza e delle molestie nel mondo del lavoro.”
La Conferenza internazionale del Lavoro tenutasi a Ginevra nel 2018 e nel 2019 ha visto la partecipazione di circa 700 persone, tra rappresentanti dei governi, dei datori di lavoro e delle rappresentanze sindacali. Alla fine dei lavori è stato negoziato il testo finale della Convenzione n. 190 e della Raccomandazione n.206 in inglese, francese e spagnolo.
“La Commissione ha portato avanti un compito molto delicato- continua Bianca Cuciniello– la discussione che si è sviluppata nell’arco di due anni, è stata avviata in coincidenza con la campagna #meToo intrapresa sui social, in cui le donne lavoratrici hanno parlato dei loro casi. Per questo era importante adottare una Convenzione accompagnata da una Raccomandazione per affrontare queste situazioni. La Convenzione n. 190 rappresenta un importante strumento nell’azione di contrasto alle violenze e alle molestie commesse nel mondo del lavoro, con l’ambizioso obiettivo di proteggere tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici a livello globale, a prescindere dal loro status contrattuale. La Convenzione fornisce, innanzitutto, una definizione piuttosto ampia, che include non solo l’abuso fisico, ma anche quello verbale, oltre a fenomeni di violenza e molestia, anche di genere, intesi come comportamenti e pratiche che provochino, mirino a provocare o siano suscettibili di provocare danni fisici, psicologici, sessuali o economici. Di particolare delicatezza è risultata essere la discussione, riguardante i principi e i diritti fondamentali, e la protezione sul lavoro. L’articolo oggetto di acceso dibattito, fa riferimento alla responsabilità degli Stati nell’adottare norme e politiche volte ad assicurare il diritto di eguaglianza e non discriminazione per tutti i lavoratori, incluse le donne lavoratrici, così come i lavoratori appartenenti ad uno o più gruppi sproporzionatamente vittime di violenza e molestie, inclusi in un elenco (non esaustivo) di cui facevano parte: lavoratori giovani e anziani; donne in stato di gravidanza e in maternità e lavoratori con responsabilità familiari; lavoratori affetti da HIV; lavoratori migranti; lavoratori di origine tribale o indigena; lavoratori membri di minoranze etniche o religiose; lavoratori appartenenti a caste; lavoratori appartenenti alla categoria LGBTI. In particolare, rispetto a quest’ultima categoria, il Gruppo africano ha proposto di emendare il paragrafo, eliminando la lista e parlando più genericamente di “altri gruppi vulnerabili”. Al termine della discussione è stata approvata la mozione volta alla eliminazione della lista, anche a seguito dell’uscita in blocco dei 48 rappresentanti dei governi africani alle 10 di sera, e l’articolo è stato riformulato facendo un più generico riferimento ai “gruppi vulnerabili”, in modo da garantire la ratifica da parte dei Paesi che hanno comunicato di avere difficoltà ad includere determinati gruppi.”
Proprio quest’ultimo aspetto sottolinea la grande importanza di uno strumento internazionalmente riconosciuto, soprattutto in quei Paesi dove i diritti dell’uomo sono quotidianamente messi in discussione.
“E’ stato ratificato uno strumento che non solo migliora il quadro normativo italiano, le disposizioni della Convenzione dovranno essere applicate mediante legislazione nazionale e mediante contratti collettivi, anche estendendo le misure esistenti in materia di salute e sicurezza sul luogo di lavoro, ma che è realmente utile per intervenire laddove avvengono, nei Paesi aderenti alla Convenzione, episodi di discriminazione, con denunce all’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL), fino ad arrivare, in casi di crimini contro l’umanità, alla Corte internazionale di giustizia. Soprattutto nei Paesi in cui non ci sono tribunali, leggi e sindacati, dove le donne subiscono discriminazioni di ogni genere o dove la vita di un bambino non vale nulla quando viene costretto a scavare nel fango in miniere o a raccogliere rifiuti tecnologici in enormi discariche.” Conclude la Cuciniello
Uno studio Istat sul tema, datato 2016, ha messo in evidenza dei dati allarmanti.
Un milione e 404 mila donne nel corso della loro vita lavorativa hanno subito molestie fisiche o ricatti sessuali sul posto di lavoro. Rappresentano l’8,9% per cento delle lavoratrici attuali o passate, incluse le donne in cerca di occupazione. Un milione 173 mila (il 7,5%) le donne, che nel corso della loro vita lavorativa, sono state sottoposte ad un ricatto sessuale. Secondo la rilevazione il 32,4% di questi ricatti viene ripetuto quotidianamente, il 17,4% all’incirca una volta a settimana, il 29,4% qualche volta al mese e il 19,2% più raramente. Il dato più allarmante che emerge da questa indagine è che nel 80,9% dei casi le vittime di molestie non ne parlano con nessuno e solo lo 0.7% denuncia le violenze subite alle forze dell’ordine.
L’indagine Istat, evidenza inoltre che i ricatti subiti in ambito lavorativo hanno delle pesanti conseguenze, infatti il 33,8% delle donne ha cambiato volontariamente lavoro o ha rinunciato alla carriera, mentre il 10,9% è stata licenziata, messa in cassa integrazione o non è stata assunta.
“Con questa norma l’Italia si pone in prima fila nel contrasto di questi fenomeni. Nel nostro paese il 9% delle donne, oltre 1 milione 400 mila, ha subito molestie sul lavoro. Oltre 1 milione di donne ha subito ricatti sessuali durante la propria carriera per l’assunzione o il mantenimento del posto di lavoro. In questo quadro l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha approvato la convenzione che estende la definizione di reati come violenza e molestia anche a stalking e mobbing e assimila anche le comunicazioni per via telematica, ad esempio chat ed e-mail, a luogo di lavoro, estendendo anche a questi ambiti la punibilità. Oggi è necessaria una globalizzazione dei diritti contro lo sfruttamento delle persone e la ratifica della convenzione Oil ci fa fare un netto passo avanti. Investire sulla qualità del lavoro significa andare avanti con un impegno convinto e fermo a legiferare su questi temi ed attuare in pieno la Costituzione.” Ha dichiarato Anna Rossomando vicepresidente del Senato durante la seduta di ratifica.